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di Gabriele Ferrarsi

13 settembre 2003

"Italian fight song": Bella ciao versione jazz
Lokomotiv Kanarone, un piccolo, piacevole lavoro d’esordio: una musica moderna, non irrispettosa della tradizione né sterilmente criptica.

[...] La scomparsa degli ultimi Grandi - da Davis in poi - ha chiuso un libro: quello del jazz come l’abbiamo inteso nel Novecento.

Oggi, la musica degli afroamericani è altra: per un ragazzo nero è ormai naturale esprimersi attraverso il rap che - come ben aveva intuito in epoca non sospetta Miles Davis - è il naturale erede di ciò che il jazz rappresentò dal punto di vista sociale e politico. Di contro, gli allievi della Berklee e della Julliard sono eleganti concertisti, tecnicamente inappuntabili, ma privi di una motivazione, di un "messaggio", che non sia la perpetuazione dell’accademia. Tutt’altra situazione in Europa. Qui il jazz - sempre che insistiamo a utilizzare una stantia etichetta in un’era di musica totale: certe distinzioni preferiremmo lasciarle ai pedanti - ha trovato interpreti capaci di aprire orizzonti inediti e a tratti sorprendenti; in Italia, poi, la scena è vivace assai, benché soggetta all’ostracismo al quale il pensiero dominante condanna ogni forma di musica non idiota.

E prove d’eccellenza vengono non soltanto dai maestri conclamati, ma anche da giovani e giovanissimi. Da un paio di settimane il rubrichista sta godendosi il piccolo, piacevole lavoro d’esordio di un quintetto che si fa chiamare Lokomotiv Kanarone. "Lk", pubblicato dalla Cmc Records, si affida al passaparola degli appassionati, che non potranno che gioire ascoltando composizioni come "Liberi tutti", "Petrodollar" o quell'"Italian fight song" che rilegge in maniera strabiliante l'abusato tema di "Bella ciao". Questo è jazz italiano moderno, con riferimenti alti ma capace di autonomia creativa: una musica bella e onesta. Una musica necessaria.
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